Ci siamo soffermati sinora sulle diverse declinazioni del cibo ma, come ammoniscono drammaticamente le notizie di cronaca degli ultimi giorni, la situazione sociale italiana regredisce verso condizioni di vita che sembravano ormai alle spalle, con prezzi sempre più alti, mancanza di lavoro, e salari fermi rispetto all’incremento del costo della vita. Tornano così gli antichi striscioni che chiedono ‘pane e lavoro’, e si allungano le file delle mense per indigenti. Potrà forse sembrare cinico, ma anche tutto ciò definisce, purtroppo, la società italiana contemporanea, fornendo spunti per una ricerca fotografica dalla forte connotazione sociale. Il prezzo del pane è aumentato del 79% in un giorno: la denuncia arriva dal presidente di Coldiretti, Sergio Marini, durante il suo intervento inaugurale della settima edizione del Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione in svolgimento a Cernobbio. La dimostrazione la fornisce lo stesso Marini che ha diffuso copia di alcuni scontrini emessi da un supermercato romano in cui si evidenzia che il costo al chilo del «pane casereccio» è aumentato da un euro del 29 settembre a 1,79 del primo ottobre. Per le «rosette» si passa invece da 1,20 a 1,79 euro al chilo sempre nelle stesse date. Per Marini, si tratta della dimostrazione che «la situazione prezzi è ben più grave di come viene presentata». A seguito dei rincari dei prezzi tre italiani su quattro hanno cambiato le abitudini alimentari principalmente variando il menù della spesa (il 40% in modo drastico), aumentando l’attenzione riposta nella lettura dell’etichetta e prestando più attenzione alla provenienza dei cibi a favore di quelli locali.È quanto emerge dall’Indagine 2007 Coldiretti-Swg «Le opinioni di italiani e europei sull’alimentazione», presentata dalla stessa Coldiretti al Forum di Cernobbio e che evidenzia come la responsabilità degli aumenti viene attribuita in Italia soprattutto ai troppi passaggi intermedi che i prodotti fanno per arrivare dal produttore al consumatore (66%) a differenza di quanto accade negli altri paesi europei (42%). Ma sotto accusa sono anche i rincari eccessivi applicati dai commercianti e dalle catene di distribuzione (37%) mentre sono del tutto scagionati gli agricoltori. I cambiamenti nel comportamento di acquisto sono giustificati dal fatto, rileva
la Coldiretti, che la spesa alimentare e la seconda voce dopo l’abitazione ed assorbe il 19% della spesa mensile totale delle famiglie per un valore che è salito a 467 euro al mese destinati nell’ordine principalmente all’acquisto di carne per 106 euro, di frutta e ortaggi per 84 euro, di pane e pasta per 79 euro e di latte, uova e formaggi per 64 euro. Se complessivamente la spesa alimentare è rimasta invariata le quantitá portate a casa si sono ridotte dell’1,5% e tra gli spostamenti più significativi si registra un calo nei consumi di pane (- 7,4%), pasta di semola (-7,4%), latte fresco (-2,6%), vino (- 7,9%), carne bovina (-4,1%) mentre aumentano la carne di pollo (+ 7,5%) e le uova (+ 6,4%), secondo le elaborazioni su dati Ismea Ac Nielsen, nei primi otto mesi del 2007.
Dietro all’incremento del prezzo del grano del 100% negli ultimi mesi al Chicago Board of trade, c’è molto di più: il crollo delle scorte di cereali, l’aumento esponenziale dei consumi in Cina e India, le avverse condizioni metereologiche che hanno provocato in Italia e Grecia un calo dei raccolti, i cambiamenti climatici che hanno tagliato le produzioni di Canada e Russia (i granai del mondo), la siccità che ha colpito Turchia e Siria. «Da 46 anni faccio questo mestiere e non ho mai vissuto una situazione così critica - dice Franco Castelli, amministratore delegato di Molino Ilario nel comasco - noi stiamo soffrendo da morire. Tutte le settimane rincorriamo la pista del frumento, difficilissimo da reperire. Speravamo nel raccolto australiano ma la siccità lo ha quasi dimezzato. Da luglio a oggi il grano tenero è passato da 180 a 280 euro alla tonnellata». Pochi sanno che l’Italia è il più grande Paese importatore al mondo (produce circa l’1% del raccolto mondiale e ne consuma il 2%); che da un chilogrammo di grano si ricavano circa 740 grammi di farina e che il costo della farina incide dal 13 a un massimo del 20% sul prezzo del pane. Già i nostri antenati primitivi impastavano la polvere di ghiande schiacciate con acqua e cuocevano l’impasto su lastre roventi, questo antenato del nostro pane risultava così una specie di focaccia piuttosto dura; diversi anni dopo si sostituì la farina di ghiande con la farina che si otteneva dai cereali macinati.Solo gli egizi scoprirono per caso la lievitazione lasciando il composto all’aria e cuocendolo il giorno dopo, il composto cotto risultava più morbido.Sono i greci antichi che al primitivo composto di farina e acqua iniziano ad aggiungere altri prodotti come il latte, le spezie, ecc. e furono proprio i greci ad istituire i primi forni pubblici e le prime regole per la panificazione.Nel periodo dell’antica Roma il pane diventa il cibo di tutti, addirittura per legge viene stabilito che il prezzo della farina di frumento da vendere alla popolazione per fare il pane fosse più basso del prezzo di mercato.Con la caduta dell’impero romano la cultura del pane e panifici viene dispersa.Nel periodo feudale il pane di farina di frumento era esclusiva dei signori, la popolazione in questi periodi di crisi non si potevano permettere di utilizzare il frumento riscoprendo così altri cereali come l’orzo, il farro, la segale, ecc.E’ durante il Rinascimento con l’introduzione del lievito di birra e delle farine di alta qualità che il pane inizia a vivere un periodo di crescita fino ad arrivare ad oggi con il ritorno a farine di cereali considerati da sempre poveri ma che oggi diventano prodotti di alta qualità . Se fino a 25, 30 anni fa il pane era la parola-stimolo per l’evocazione della miseria e della lotta, appunto, per il pane, e “pane, amore e fantasia” significava - al di là di qualche salace allusione - soprattutto povertà contadina, oggi la cultura del benessere ha inglobato anche il “nostro pane quotidiano”.