Portfolio Italia 2023
25 novembre 2023 - 08 gennaio 2024
Marina De Panfilis
Brì

di Renza Grossi

C’era una volta uno scienziato di nome Wilhelm. Sembrerebbe la frase di apertura di una fiaba dei fratelli Grimm, ma è in realtà l’inizio di uno dei racconti più ricchi di meraviglia della storia delle scienze. L’8 novembre del 1895 lo scienziato e ingegnere Wilhelm Rotgen attraverso la scoperta dei misteriosi raggi catodici, talmente misteriosi da essere da lui definiti raggi X, cambiò la storia della medicina. Bertha, la moglie di Whilem prestò al marito la sua mano, e lui la “fotografò” con i raggi X. Ne risultò una delle immagini più famose del XIX secolo: la struttura ossea della mano di Bertha, con l’anulare avvolto dalla fede matrimoniale. Come un giornalista disse molti anno dopo, con Rotgen “l’invisibile diventò visibile”, ed in effetti con lui prese forma la possibilità di attraversare la materia, impressionare una lastra, e raccontare al mondo, attraverso una semplice immagine, quello che di noi è nascosto alla vista, la nostra struttura, la nostra architettura interna. E la nostra fragilità.
Un corpo si mostra nelle sue imperfezioni, nelle fratture, nelle incrinature della vita attraverso i sedimenti del persistere della memoria. E di fragilità parla anche “Brì”, l’opera di Marina De Panfilis.
Nelle sue cianotipie materiche, che appaiono quasi radiografie d’arte, non sono però le ossa a raccontare di Brigida, ma sono le cicatrici, segni indelebili di una storia che ha ragione e desiderio di essere narrata con una delicatezza che non appartiene se non all’arte.
Ed è qui, nell’indagare un corpo che ben conosce, che Marina sceglie non il linguaggio della scienza, ma quello della poesia. Ogni segno diventa metafora di qualcosa di vivo e vitale, un vero e proprio paesaggio, ricco di segni che attendono solo di essere riconosciuti.
Il corpo ritratto ora fiorisce, mette radici, trova forma armoniosa, cresce e muta con delicatezza. Si potrebbero raccontare fiabe leggendo il corpo di Brigida, intonare canzoni, coltivare pensieri. Ci vuole la cura di una figlia per tradurre con amore le tracce dolorose e trasformarle in arte.
Ma Marina non si dimentica quella fragilità che Rotgen ci ha insegnato. Le sue cianotipie non nascono dalla carta, ma sono accolte in un materiale che si può modellare, che indurisce sembrando pietra, ma che in realtà, in un solo attimo come un cristallo potrebbe frantumarsi. Apparentemente eterno, profondamente effimero.
Si racconta che Bertha, la moglie di Wilhelm, fosse rimasta sconvolta della visione inquietante di ciò che siamo nella realtà. Marina ci mostra come la realtà a volte può mostrarsi al mondo attraverso lo stupore e la sensibilità di cui tutti noi abbiamo bisogno per rendere una fiaba anche una cicatrice. 

Biografia

Marina nasce a Sulmona (AQ) nel 2000. Inizia da piccola ad approcciarsi al mondo della fotografia. Consegue il diploma accademico in fotografia e video presso l’Accademia di Belle Arti di Roma con il massimo dei voti nel 2022, con una tesi dal titolo “L’infrasottile, viaggio nella quarta dimensione oltre il pericolo di un’unica storia”. Intraprende gli studi in Art Direction presso l’Istituto Pantheon di Roma dove studia attualmente. Tutti i suoi progetti partono dall’esaminare se stessa e il mondo che ha al suo fianco e la aiutano a percepire la realtà attraverso un diverso punto di vista. Nei suoi progetti spesso sono presenti elementi ibridi. Cerca di spingere oltre le sue narrazioni, oltre lo spazio del sensore o della pellicola, oltre il pericolo di un’unica storia, oltre gli standard, una serie di criteri precisi e ripetitivi di raccontare. Nel 2023 espone una sua foto presso Via Margutta a Roma. Espone presso il Centro Italiano di Fotografia d’Autore a Bibbiena il progetto “Inside/out” in occasione dell’8^ Biennale dei Giovani Fotografi Italiani. Si classifica al 1° posto per il Premio Internazionale di Fotografia 51° Portfolio Aternum. Vince la borsa di studio Ivano Bolondi 2023 che le permette di partecipare alla Masterclass con Lorenzo Cicconi Massi.