1:1
di Luigi Erba
Il lavoro “1:1” di Silvano Bacciardi” (fotografie in scala reale di grate dei confessionali), in realtà è una riflessione indiretta sulla fotografia. Sul suo metalinguaggio, sul suo specifico, parola abusata e oggi quanto mai preistoria, che ne contemporaneo mi sembra si attualizzi meglio intorno ad una trasversalità dinamica dei linguaggi. Questi “ reperti”, vocabolo improprio, ma ogni termine oggi è sempre tale per un’arte che si sposta in continuazione come un respiro. Ed è il respiro il vero magma che qui si muove. Queste grate riprodotte fotograficamente in misura reale sono la soglia, il diaframma che separavano nei confessionali il penitente e il suo confessore. E’ ulteriormente scontato il valore simbolico dei significati di questo gesto-azione della confessione, il senso della soglia del trapassare attraverso una membrana sensibile che divide il puro e l’impuro. Luca Panaro poi ci dice come punctum delle immagini l’impressione del fiato che ha ossidato la grata. Ed è così. Dicevamo prima di respiro, direi ora invece di un’iconografia forte di rimandi visuali e materiali. La dichiarazione del rapporto 1:1 è una dovuta premessa e paradossalmente una delle tante finzioni che la fotografia mette in atto per conoscersi, meglio per rivelarsi. Misurare appartiene alla fotografia. Ricordiamo Mario Cresci che, proprio in “Misurazioni” dichiara il rapporto tra oggetto e sua rappresentazione, ma anche l’uso 1:1 del close up di Maurizio Galimberti (apparecchio dei dentisti eppure è fotografia). Queste immagini che respirano, concetto che ho ribadito e scritto spesso, hanno l’intima essenza della comunicazione che è la plurisensorialità, in contrapposizione con la misura che è il limite fisico però necessario. Sì perché questa iconografia forte, materica e ancestrale mi ricorda e mi butta dentro nell’infinito dei “Concetti Spaziali” di Lucio Fontana, ma soprattutto nelle sculture di Antonio Ievolella (“Senza Titolo”). Limite, soglia, materia, finito infinito: quello che vogliamo, perché più che mai oggi è una complessità liquida.
Biografia
Si è diplomato all’ISIA di Urbino nel 1987. Dal 1986 al 1989 ha lavorato come art director presso l’agenzia Armando Testa. Dal 1989 è fotografo di scena del Rossini Opera Festival. Dal 2002 al 2009 è anche stato docente di fotografia all’ISIA. Contemporaneamente ai lavori su commissione è impiegato in lavori di ricerca personale sul linguaggio fotografico. Vive e lavora a Pesaro.