Portfolio Italia 2017
25 novembre 2017 - 04 febbraio 2018
Michele Crameri
Il lavoro del sicario

di Silvano Bicocchi

Il lavoro del sicario è un altro di quei mestieri vecchi come il mondo e, incarnando tratti perversi della natura umana, è anche da lungo tempo una figura perturbante nelle opere letterarie, teatrali e cinematografiche. A differenza del boia istituzionale che esegue la sentenza di un tribunale, il sicario impone la morte su comando delmandante che lo paga. Il sicario uccide per soldi persone sconosciute, senza un movente. Appare impenetrabile al senso di colpa. Egli riceve il rispetto da chi lo considera un’opzione possibile da giocare nelle trame umane di una società ad alto tasso di criminalità che con la violenza difende i propri interessi nei traffici illegali di droga, prostituzione, armi, ecc. L’autore dichiara che a causa della malavita, in Honduras, nei primi 10 mesi del 2016 si contano 4.270 persone assassinate, una cifra allarmante. Solo nella città di San Pedro Sula si contano 2.950 morti assassinati, si mantiene per il quinto anno consecutivo (2015) la città più violenta al mondo con i suoi 171,20 omicidi ogni 100.000 abitanti, (la città conta 769.025 abitanti) circa 10 morti ammazzati al giorno. Per avere un’idea, il tasso di omicidi a San Pedro Sula è dieci volte quello di Bagdad in tempo di guerra. Le fotografie de “Il lavoro del sicario” perseguono lo scopo fotogiornalistico di comprovare quanto dichiarato, mostrando lo stato delle cose. Esse risentono della poetica di Life (1936-2007) “scoprire cose lontane migliaia di chilometri, cose nascoste dietro i muri e dentro le stanze, cose pericolose da avvicinare…”. Infatti le immagini di Michele Crameri ci portano oltre la notizia, coinvolgendoci nel complesso e sofferto mondo di sentimenti ed emozioni estreme provati da chi vive in queste realtà violente: la spavalderia e la ferocia del sicario; il ruolo impotente delle istituzioni nel contenere il fenomeno e punire i colpevoli, alle quali resta che la gestione scientifica della scena del crimine; la disperazione dei congiunti delle vittime; i cimiteri caotici che non onorano la memoria dei morti.

Biografia

È nato nel 1983, fotogiornalista free-lance italosvizzero. La fotografia lo attrae già all’età di 6 anni. Qualche anno più tardi ha modo di seguire da vicino la guerra nei Balcani, al seguito del padre operatore della Caritas. Matura allora un interesse specifico per i temi umanistici. Nel 2003 si laurea in Graphic-Design e nel 2004 consegue un master in marketing. Dopo qualche anno nel settore della pubblicità, nel 2007 decide di dedicarsi totalmente alla fotografia, dapprima collaborando con un giornale locale, successivamente aprendo uno studio fotografico specializzato in foto di moda e di matrimonio. Nel 2010 inizia a dedicarsi totalmente al fotogiornalismo: viaggia tra Israele e la Palestina documentando la Primavera Araba. Da allora visita vari paesi, con una particolare preferenza per il Sud America, lavorando per 2 ONG che operano in Ecuador. La lettura del libro “L’uomo ha paura dell’uomo” di Ryszard Kapuscinsk, lo spinge ad approfondire la situazione di una società sempre più violenta e sanguinaria del Centro e Sud America, scoprendo che uno dei lavori più diffusi e rispettati dell’America Latina è la professione del killer. Da lì nasce l’idea del progetto a lungo termine “Il lavoro del sicario” iniziato in Honduras nel 2015.