Piena di grazia
Opera vincitrice
di Renza Grossi
Penelope, che attraversa il tempo e resiste al dubbio e alla paura.
Pandora, che porta dentro con sé il male del mondo e la speranza del futuro.
Antigone, che con il dissenso chiede pace e giustizia.
Circe, votata all’incanto, travolta dal desiderio.
Medea, che sceglie la strada della crudeltà.
E Maria, lei, piena di grazia.
Ilaria Sagaria sembra conoscerle tutte queste donne, sembra aver ascoltato con attenzione le loro voci e aver raccolto ognuna delle loro storie per restituircele attraverso il lessico e la consapevolezza dell’arte.
E le storie di queste donne rappresentano la complessità stessa del mondo femminile.
Madre, figlia, dea, maga.
Identità diverse e storie diverse, accomunate dal desiderio di mostrarsi ed essere mostrate.
Ed è proprio compito di chi utilizza gli strumenti dell’arte scandagliare la realtà, rileggerla, ricrearla e restituirla al mondo con un linguaggio universale.
Le sue immagini narrano di fiabe mitologiche, di ritmi ancestrali, della carnalità dei corpi che si svelano al nostro sguardo e della gestualità che porta con sé significati profondi.
Non c'è una storia.
Le storie sono mille e ancora mille, come quelle di Sherazade.
Favole che ci restituiscono la vita.
Vita che diventa simbolo.
Ed è proprio il simbolo che viene scelto con meticolosa cura in queste fotografie, perché non è oscuro, ma è comprensibile anche se complesso, perché fa parte interamente del nostro stratificato bagaglio culturale ed emotivo che guarda al passato ma vede nel presente.
Ed ecco allora che siamo proiettati nei contrasti di luce della pittura del Seicento, nell’accuratezza della ricerca fiamminga, nella delicatezza materna della pittura rinascimentale, nelle fiabe popolari dei Grimm, nell’eleganza dell’antichità classica, nella bellezza preraffaellita e nell’oscurità della letteratura gotica.
Quello che colpisce nelle fotografie di Ilaria è la loro capacità di trasportarci in tempo antico dove misticismo e spiritualità trovano forma nel corpo femminile che accoglie o respinge, che talvolta si nasconde.
Siamo in un tempo che potrebbe essere il nostro.
Siamo nel tempo del sogno, della realtà, dell’arte e della fotografia.
Siamo nel tempo di Ilaria che narra con la voce calma di Penelope, timorosa di Pandora, disperata di Antigone, appassionata di Circe, furiosa di Medea, e piena di grazia di Maria.
Ora, semplicemente, tocca a noi ascoltarle.
Biografia
Ilaria nasce a Palomonte (SA) nel 1989.
Trasferitasi a Napoli, si diploma prima in pittura e poi in fotografia presso l’Accademia di Belle Arti.
Nel 2016 è tra le vincitrici ed i vincitori del premio "Sette Opere di Misericordia" bandito dal Museo del Pio Monte della Misericordia a Napoli.
Alcune sue opere sono esposte nella collezione permanente del Museo d’Arte Moderna dell’Informazione e della Fotografia di Senigallia, nell’area dedicata all’Archivio Italiano dell’Autoritratto Fotografico.
Nel 2018 viene selezionata per la terza edizione del Laboratorio Irregolare a cura di Antonio Biasiucci e nello stesso anno vince la Biennale dei Giovani Fotografi Italiani.
È tra le finaliste ed i finalisti del premio Portfolio Italia nel 2018 con il lavoro fotografico "Il dolore non è un privilegio" e successivamente nel 2021 con "Piena di grazia". Sempre nel 2021 espone il suo lavoro "Il dolore non è un privilegio" presso le Gallerie degli Uffizi.
Ha lavorato come fotografa tra Napoli e Monaco di Baviera e attualmente come docente di grafica e fotografia in Italia.
La sua ricerca fotografica mira a restituire un immaginario complesso e stratificato del femminino, denso di simboli culturali, di rimandi e dettagli artistici, con particolare attenzione ai significati sociali, politici e psicologici.
La fotografia la rende felice.