4ª Biennale dei Giovani Fotografi Italiani
20 settembre - 16 novembre 2014
Fondazione Fotografia Modena
Sezione Scuole
di Francesca Lazzarini
 
Ai mutamenti economici, politici e tecnologici, che negli ultimi decenni hanno modificato il nostro mondo si sommano oggi gli effetti di una crisi economica che, accentuando le dinamiche consolidate ed esasperandone le peggiori derive, impongono una riflessione sulle direzioni di sviluppo future e sull’identità sociale stessa. Inseriti nel ciclico fluire della storia veniamo sospinti dai mutamenti in atto e seppur legati ai retaggi della tradizione vediamo cambiare i nostri modi di vivere, lavorare, comunicare e stare insieme. Chi siamo oggi allora? E chi vogliamo diventare? Le opere in mostra offrono alcuni spunti per formulare possibili risposte, toccando questioni che, recenti o di lunga data, concorrono a definire la realtà attuale e a tracciarne ipotetiche evoluzioni. Con Distrortion, Stéphanie Marletta porta all’attenzione del pubblico le estreme conseguenze dell’ossessione contemporanea verso il culto del corpo e dell’apparire. Realizzati montando materiali amatoriali trovati in rete, due video mostrano giovanissimi body builder e reginette di bellezza i cui corpi di bambini, innaturalmente modificati da allenamenti e make up, diventano oggetto di veri e propri business. L’esistenza di soluzioni alternative è invece suggerita da Resiliens, di Gabriele Guarisco. Composta da ritratti e testi, la serie offre l’esempio di persone che hanno deciso di adottare e promuovere modelli di vita alternativi ed ecocompatibili: realtà quali il cohousing, la bioedilizia, gli orti comuni e gli ecovillaggi testimoniano la possibilità di sperimentare nuove forme di coesistenza. A nuove comunità fa riferimento anche il lavoro di Valentina Sommariva, Domenica, costituito da una serie di ritratti di donne immigrate in Italia dall’Est Europa, fotografate negli spazi adattati per ospitare la funzione domenicale del rito ortodosso. Se la scelta di ritrarle serialmente e di schiena porta a interrogarsi sulle singole personalità interne alla comunità, il video di Paola Pasquaretta sottolinea una continuità tra l’esperienza migratoria e quella del paese ospitante. Le immagini di un sarto indiano al lavoro fanno da sfondo alle parole che compongono il lungo titolo dell’opera: Nonostante mia nonna e mia madre sappiano cucire e confezionare abiti, la cerniera del cappotto che preferisco l’ha cambiata lui. I colori dei rocchetti di filo mi hanno sempre attratto. Quando sono tornata, per parlare, per fargli vedere il mio video, il negozio era chiuso. Affittasi. La ciclicità della storia echeggia infine nell’installazione di Eleonora Quadri che nell’elemento centrale di una fotografia, raffigurante un nastro di Möbius realizzato con dollari americani, trova il punto di partenza per una riflessione sul valore e il ruolo del denaro. Con il provocatorio titolo Perché nulla cambi, diretto riferimento al gattopardesco “Se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi”, l’opera sembra suggerire che l’unica strada per ottenere un vero cambiamento è mettere in discussione le più profonde fondamenta del nostro mondo.