4ª Biennale dei Giovani Fotografi Italiani
20 settembre - 16 novembre 2014
LABA (Libera Accademia di Belle Arti) di Brescia
Sezione Scuole
di Virgilio Fidanza
 
Necessariamente, i progetti che qui propongo, di alcuni allievi della LABA di Brescia, sono parti frammentate seppure significative di lavori più corposi, realizzati durante l’ultimo anno accademico. Il corpo dell’uomo è qui, in ogni lavoro, un punto fermo di relazione con il mondo e luogo esplorato nelle sue sfumature corporee, psichiche e sociali. Quindi corpo, come sé e altro da sé, elemento uguale ma diverso di una condizione inscindibile, ma soprattutto corpo non misurabile, non riducibile al solo pensiero calcolante ed all’intelligenza binaria. Le identità che affiorano nei vari progetti, sono quelle del corpo espressivo e universale, destinate e pensate come specchi della condition humaine, condizione che qui richiede ascolto, attenzione e soprattutto ricomprensione, che necessariamente esclude il pensiero della funzionalità per educarsi al pensiero problematico. La casa e gli abiti indossati, appartenuti alla nonna di Claudia Capelli (secondo anno di corso), sono pretesto di riflessione sul valore non permutabile di alcuni oggetti-merce, che come segni-immagini rimandano nel contempo sia all’assenza del corpo amato e sia alla futura sorte ultima del soggetto, che qui non accidentalmente si rappresenta da sé. Le immagini di Claudia, diventano rito magico, dove si accoglie la mortalità dell’essere e nel contempo il dolore, che qui non urlato, s’inscrive nell’insensatezza. Quello di Alessio Righi (secondo anno di corso) è il suo corpo senza volto e senza identità, è il corpo massificato perchè reso merce. Un processo questo, che rendendoci tutti uguali, fintanto che permane la nostra funzionalità ai valori economici, ci priva del frutto della diversità, che segna di sostanza vitale la nostra relazione con il mondo. Lo spiazzamento ironico, di Carlo Bolzoni (secondo anno di corso), non è spassoso gioco sulla différance, già resa palese negli accostamenti dei suoi dittici, ma sembra piuttosto il tentativo di mettere in luce l’esistenza di un mansionario comportamentale che agisce nella società contemporanea, dove tutto è già stato scritto e attende solo di essere applicato. Una sorta di: ecco quel che mi aspetto dai miei funzionari! Eleonora Bonetti (terzo anno di corso), dichiara fin da subito la sua frattura con modelli comportamentali che non collocano l’essere come finalità. La sua casa/caverna, i suoi piedi nudi, il suo libro e la sua serenità pacata, insieme ad altri segni ci parlano di un bisogno profondo di essere diversi per ritornare ad essere. Le eterogenee figure femminili, di Roberta Breda (terzo anno di corso), ad un primo sguardo sembrano parlarci malinconicamente della solitudine. Poi ad un esame più attento, ecco affiorare, attraverso la grazia con cui il linguaggio del corpo è gestito e messo in relazione con il luogo, un punto d’incontro tra le diverse sfumature, ed esso coincide con il luogo del pensiero complesso e del pensiero interrogante, a cui per ora l’uomo sembra non avere ancora rinunciato a dimorarvi. I diversi corpi femminili che ci propone Gianmarco Serena (secondo anno di corso), offrono al fruitore, per gradi e diversità, la possibilità di ridare peso e senso alla propria soggettività, mettendo sul banco degli imputati un canone di bellezza esclusivo e mercificante. Linda Lachkar (terzo anno di corso) con la sua semidea bionda carica di significati simbolici, pare farci riflettere sul dono che ognuno di noi reca con sé. Braccia aperte che offrono e mani che sorreggono vesti, frutti ed organi, in attesa dell’altro. Ed infine il progetto di Nicole Confortini (secondo anno di corso) dove l’animale guida (il totem), ci riporta nel tempo in cui la diversità di genere era un valore di scambio e la natura uno sfondo immutabile che nessun uomo e nessun dio fece.