Bibbiena Città della Fotografia
Dal 9 ottobre 2016
Mario Giacomelli
Prese di coscienza sulla natura, 1980
Mario Giacomelli (Senigallia, 1º agosto 1925 – Senigallia, 25 novembre 2000) è stato un tipografo, fotografo e pittore italiano.
A tredici anni lavora presso la Tipografia Giunchedi finché non sopraggiunge la guerra, vi ritorna, dopo aver partecipato ai lavori di ricostruzione dai bombardamenti, come operaio tipografo.
Nel 1950 decide di avviare in proprio un’attività di tipografo, nasce sotto i Portici Ercolani la “Tipografia Marchigiana”. In seguito verrà trasferita in Via Mastai 6 e diventerà il riferimento per tutti coloro che hanno amato e studiato, Mario Giacomelli (http://mariogiacomelli.it/). Nel 1953, Giacomelli acquista una Bencini Comet S (CMF) modello del 1950, con ottica rientrante acromatica 1:11, pellicola 127, otturazione con tempi 1/50+B e sincro flash. Tra il '53 e il '55 inizia a fotografare parenti, colleghi e amici. In quegli anni frequenta lo studio fotografico di Torcoletti, il quale gli presentò Giuseppe Cavalli, artista e critico d'arte.
Sotto la guida di Ferruccio Ferroni e con la supervisione di Cavalli, Giacomelli si addentra nella tecnica fotografica. Nel 1954 si costituisce il gruppo fotografico "Misa", nello stesso anno, il 24 aprile, sposa Anna Berluti, che sarà anche modella, nelle prime opere, assieme a Libera Guidini, madre dell'artista, ad altri familiari ed amici. Nel 1955 vince il Concorso Nazionale di Castelfranco Veneto.
Sono di questo periodo alcune serie dallo stile di reportage, ma con in mente queste parole: "Nessuna immagine può essere "la realtà", perché la realtà ti capita una volta sola davanti agli occhi", come "Lourdes" (1957), "Scanno" (1957/59), "Puglia" (1958, dove tornerà nel 1982), "Zingari" (1958), "Loreto" (1959, dove ritorna nel 1995), "Un uomo, una donna, un amore" (1960/61), "Mattatoio" (1960), "Pretini" (1961/63), "La buona terra" (1964/66).
Iniziano le prime pubblicazioni sulle riviste specializzate di Fotografia. Continuando con la sua ricerca, il fotografo inizia a chiedere ai contadini, pagandoli, di creare con i loro trattori precisi segni sulla terra, agendo direttamente sul paesaggio da fotografare per poi accentuare tali segni nella stampa.
Tramite Crocenzi, nel '61 Elio Vittorini chiede a Giacomelli l'immagine "Gente del sud" (dalla serie Puglia) per la copertina dell'edizione inglese di "Conversazione in Sicilia". Nel '63 Piero Racanicchi, che insieme a Turroni è stato tra i primi critici sostenitori dell'opera di Giacomelli, segnala il fotografo a John Szarkowski, direttore del dipartimento di Fotografia del MOMA di New York che sceglie di esporre una sua fotografia alla mostra "The Photographer's Eye". L'immagine è tratta dalla serie "Scanno".
Nel '64 Szarkowski acquisirà poi l'intera serie "Scanno" e alcune immagini della serie "Io non ho mani che mi accarezzino il volto", Quest'ultimo lavoro ebbe come primo titolo "I seminaristi", ma le stesse fotografie possono recare anche il titolo "Seminario" o "Pretini". Nello stesso anno partecipa alla Biennale di Venezia con la serie dell'ospizio, "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi". Nel 1965, frequentando una famiglia di contadini, realizza una delle serie più conosciute, "La buona terra", ritrovando il ritmo del suo essere e scoprendo il lato spirituale di chi, lavorando la terra, è rimasto vicino alle proprie radici, rispettando l'origine e il senso dell'Umanità.
Sotto l'influsso di Crocenzi, nel '67 Giacomelli pensa alla realizzazione di una serie fotografica incentrata sul racconto, interpretando Caroline Branson dell'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master, e chiede a Crocenzi di fornirgli un canovaccio da seguire.
Nel 1968 conosce Alberto Burri, e ne segue un'attenzione all'informale e un approfondimento di quell'arte che lo accompagna fin da giovane, fatta di materia che possiede un suo spirito e che attraversa la vita e l'opera dell'artista. Nello stesso anno inizia una serie fotografica a colori, che terminerà solo alla fine degli anni '80 "Il cantiere del paesaggio". 
Nel '79 partecipa alla Biennale di Venezia con fotografie di Paesaggi. Nel 1980 Arturo Carlo Quintavalle scrive un libro analitico sull'opera del fotografo, acquisendo una buona quantità di sue opere per il centro CSAC di Parma. Nel 1984 conosce il poeta Francesco Permunian con il quale instaura una collaborazione che dà alla luce le serie "Il teatro della neve" (1984/86) e "Ho la testa piena mamma" (1985/87). Inizia in questi anni la collaborazione del figlio Simone, alla stesura delle Serie fotografiche.
Nel 1983/87 crea Il mare dei miei racconti fotografie aeree scattate alla spiaggia di Senigallia. Negli anni '70/90 Giacomelli fotografa la costa adriatica nei pressi di Senigallia, creando la serie "Le mie Marche" e "Il Mare". Nel 1983 nasce da una sua poesia "Nulla" una serie sui gabbiani, ma già nel 1982, usò una sua poesia per una serie a colori "La realtà mi investe".
Durante gli anni '90 lavorò instancabilmente ad una corposa serie che ebbe origine dall'abbandono e conseguente abbattimento di una azienda del suo amico Otello. Nel 1997 realizza per la nota torrefazione Illy il soggetto per l'annuale servizio di tazzine artistiche col nome di "Stati d'animo".
Degli anni novanta sono le serie "Vita del pittore Bastari" (1991/92), "Io sono nessuno" da una poesia di Emily Dickinson, "Poesie in cerca d'autore", "Bando" (1997/99), "31 Dicembre" (1997). Verso la fine del mese di Agosto conclude la serie "Ritorno" nata dalla lettura di una poesia di Giorgio Caproni. Mario Giacomelli muore il 25 novembre del 2000 a Senigallia, dopo un anno di malattia, mentre lavorava alle serie "Questo ricordo lo vorrei raccontare" (1999/2000), "Ricordi di un ragazzo del '25" e "La domenica Prima" (2000).
A partire dall'anno 2001 il Circolo Fotografico Sannita di Morcone in provincia di Benevento istituisce un premio fotografico intitolato alla memoria di Giacomelli.