Fatti spazio
In Fatti spazio, Laura Marinelli costruisce una riflessione visiva e corporea sul rapporto tra individuo e spazio, tra fisicità e rappresentazione. La fotografia diventa qui un terreno di confronto, un luogo in cui la presenza umana non si limita a occupare un ambiente ma ne diventa parte integrante, misura e controcampo. Il gesto, il movimento, l’inclinazione del corpo si fanno strumenti di indagine, quasi un linguaggio alternativo per interrogare i confini della propria esistenza.
Le immagini, organizzate in sequenze rigorose, compiono un percorso dal colore al bianco e nero come due registri emotivi di una stessa narrazione. In ogni scatto, la figura dialoga con una parete neutra, un fondale essenziale che si trasforma, di volta in volta, in ostacolo, complice, specchio. È un set minimo, ma densamente evocativo: lì si consuma una sorta di performance silenziosa in cui l’autrice, attraverso la ripetizione e la variazione del gesto, esplora la tensione tra controllo e abbandono, tra limite e libertà.
Il titolo, Fatti spazio, contiene un duplice invito: da un lato all’azione — a conquistare un luogo, un ruolo, un respiro — e dall’altro all’ascolto di ciò che quello spazio restituisce, alle sue resistenze e alle sue possibilità. L’autrice si muove con consapevolezza tra questi poli, costruendo una grammatica visiva fatta di piccoli scarti, di aperture, di vuoti. Ogni immagine è un momento di equilibrio precario, un passo nella ricerca di una presenza piena eppure mai definitiva.
Il lavoro si distingue per la sua capacità di coniugare concettualità e leggerezza, rigore formale e ironia sottile. C’è nel suo procedere una qualità performativa che rimanda al gesto teatrale e al linguaggio del corpo, ma anche una dimensione intima, autobiografica: “l’autrice si fa spazio nella fotografia dopo che la fotografia si è fatta spazio nella sua vita”. In questa reciprocità si annida il cuore del progetto: la fotografia non come semplice rappresentazione del reale, ma come spazio abitato, luogo d’incontro tra sé e il mondo.
Le sequenze, lette una dopo l’altra, assumono la forma di un racconto ciclico: l’azione si ripete, cambia di tono, si compie e si rinnova. In questo ritmo visivo si riconosce il fluire dell’esistenza stessa — il tentativo, sempre rinnovato, di trovare un proprio posto, di costruire senso e presenza. Lo spazio fotografico diventa così metafora della vita: un campo di forze in cui misurarsi, da cui difendersi, ma anche in cui riconoscersi.
Fatti spazio è un lavoro che riesce a essere al tempo stesso lieve e profondo, concettuale e sensibile. Con pochi elementi e un linguaggio essenziale, l’autrice crea un universo personale e coerente, capace di parlare in modo universale. Il suo invito a “farsi spazio” è anche un invito a guardare dentro di sé, a trovare — nella relazione con l’immagine e con il mondo — la misura del proprio esserci. Attraverso un linguaggio visivo diretto ma poetico, Laura Marinelli costruisce un lavoro capace di parlare a tutti, con profondità e leggerezza, facendo della fotografia un vero e proprio spazio da vivere.
di Claudio Pastrone


