Portfolio Italia 2025
30/11/2025 - 06/01/2026
Marco Melchiorri
Creature erranti

 Un godibile lavoro fotografico, apparentemente fresco e immediato, ci sottopone a riflessioni profonde. Che siano di luce naturale o artificiale, questi bianchi e grigi hanno i toni freddi degli strumenti chirurgici, utilizzati per un’analisi raffinata sull’esistenza e sulla fugacità della vita umana, e sottolineano il vano tentativo di opponersi al definitivo esodo dalla vita.

Ciò che colpisce di questa opera è la forza intrinseca delle immagini. La forza dell’esistenza, perché, pur nella loro staticità di rappresentazione, contengono il movimento ansiogeno della nostra epoca. E questo ci pone a disagio, rendendoci consapevoli che la nostra vita è basata su corse fisiche, conseguenza di quelle emotive: un’emotività imposta da continue esigenze di rapidità nella vita lavorativa, familiare, formativa e sociale.

Per sempre in movimento, appunto, “erranti”. Un continuo e progressivo errare senza un apparente punto da raggiungere: moderni nomadi che sembrano incarnare una maledizione antica, secondo cui le “creature” sono condannate a vagare senza tregua sino alla fine del mondo, per un qualche torto compiuto in passato, spesso rilevabile anche in senso morale o religioso, nell’abbandono della verità e nella vita nell’errore.

“Errare” significa sbagliare, andare fuori strada. Anche i pensieri, come le apparizioni sui social media, sono freneticamente erranti, incostanti e instabili. Anime che non hanno ancora trovato la loro meta. Siamo tutti “creature erranti”, in continuo spostamento alla ricerca del Santo Graal personale, tutte affamate di notorietà nel tentativo incessante di dimostrare il proprio valore in un mare di umanità vasto quanto un oceano, che, contrariamente al moto perpetuo, scorre in modo mutevole e in continuo fluire.

Anche quando, all’interno di un ampio ambiente, notiamo una figura singola, l’impressione automatica è che la grandiosità non sia che un percorso nella costruzione della memoria collettiva. Come conseguenza di questo moto continuo e frenetico emerge un altro grande malessere contemporaneo: la solitudine. Una vita che, pur in moltitudine, paga sempre più spesso il prezzo della solitudine.

Un malessere che sfocia nella depressione, dovuta alla mancanza di contatti umani intesi come aiuto reciproco, comprensione, condivisione e accettazione, e non solo come semplice frequentazione. In tanti popolano le città, ma molti avvertono l’assenza di presenze al loro fianco, risultato dell’individualismo esasperato, volto esclusivamente a uno sviluppo smodato dell’“ego”.

L’“errare” ci illude che tale movimento possa contrastare, attraverso la grandiosità, la fugacità della vita.

di Patrizia Digito